Italiani in Tunisia scrivono al Governo
Un gruppo di cittadini italiani residenti in Tunisia ha scritto una lettera aperta diretta ai rappresentanti dello Stato italiano, in cui si esprime preoccupazione riguardo le attuali pressioni esercitate dall’Italia nei confronti del Paese nordafricano in merito alla questione migratoria.
La lettera è stata pubblicata pochi giorni dopo l’incontro avvenuto a Tunisi, lo scorso 17 agosto, tra la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, accompagnati dai commissari europei per gli Affari Interni e per il Vicinato e Allargamento e il Presidente tunisino, Kais Said, il capo del Governo designato e ministro dell’Interno e il ministro degli Affari Esteri del Paese nordafricano.
In quella occasione è stato reso noto che la Tunisia riceverà dall’Italia 11 milioni di euro – fondi del Viminale risparmiati sul capitolo accoglienza migranti – destinati a rafforzare il controllo delle frontiere marittime tunisine.
L’aumento degli sbarchi autonomi provenienti dalle coste del Paese nordafricano ha messo in luce la difficoltà dell’Italia nel riuscire a gestire i nuovi arrivi in questo momento di emergenza sanitaria.
Il Governo italiano non riesce a garantire sicurezza e accoglienza dignitosa per chi sbarca e neppure a evitare allarmismi da parte delle popolazioni locali, e punta, pertanto, a fermare le partenze dall’altra sponda del Mediterraneo e a potenziare i rimpatri forzati. La Tunisia è ritenuta un paese sicuro e di conseguenza sarà negata la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno ai suoi cittadini arrivati irregolarmente. Questi i motivi che hanno portato all’incontro del 17 agosto a Tunisi e della precedente visita della ministra Lamorgese del 27 luglio, mentre il ministro degli Esteri italiano minacciava di sospendere gli aiuti di cooperazione per la Tunisia se il Paese non avesse dato prova di impegnarsi nel bloccare le partenze dalle sue coste.
Di seguito la lettera che un gruppo di italiani residenti in Tunisia ha scritto sulla scia di questi eventi:
STOP alle pressioni italiane sul governo tunisino in materia di immigrazione
Siamo cittadini e cittadine italiani/e in Tunisia che
hanno deciso di rivolgersi a voi, in quanto rappresentanti dello Stato
Italiano, al fine di esprimere la nostra preoccupazione riguardo le
attuali pressioni esercitate dall’Italia nei confronti della Tunisia in
merito alla questione migratoria.
Molti di noi, anche in qualità di migranti economici,
hanno provato sulla propria pelle cosa significhi decidere di lasciare
famiglia e affetti e provare a costruire la propria vita in un paese
diverso. Nonostante le difficoltà, sappiamo di essere dei privilegiati,
perché il nostro passaporto ci ha permesso di viaggiare e di stabilirci
in Tunisia senza troppe difficoltà. Tuttavia, nel corso degli anni,
abbiamo visto innumerevoli amici, conoscenti, persone malate, studenti,
compagni e compagne di vita, investire tempo e denaro in domande di
visto, anche solide e ben documentate, per poi ottenere un rifiuto,
senza neanche ricevere un rimborso per le ingenti spese sostenute e
senza una valida ragione.
Non è necessario citare numeri e accordi. Noi
e voi sappiamo che tutto questo fa parte di un meccanismo politico
europeo volto a fermare le migrazioni dall’altra sponda del
Mediterraneo, e che, insieme a politiche economiche fallimentari locali e
internazionali, sta rendendo il nostro comune mare un cimitero.
Se nel nostro paese, questo approccio politico alla migrazione serve a guadagnare voti e
fiducia dell’elettorato simpatizzante delle politiche securitarie
creatrici di illegalità e criminalità (come i decreti sicurezza e la
legge Bossi Fini), e a mascherare l’incapacità e la mancanza di volontà
dei governi di trovare una soluzione inclusiva alla
questione migratoria, le navi quarantena, il sovraffollamento dei
centri siciliani, le continue affermazioni di rimpatrio forzato, le
pressioni sul governo tunisino e i maltrattamenti dei cittadini tunisini
in Italia, come avvenuto recentemente nel Centro per Rimpatri di
Gradisca, stanno pesando sull’opinione pubblica tunisina e sulle nostre
coscienze di italiani/e.
A questo proposito, ci indigna la mancanza di lungimiranza delle nostre istituzioni,
alle quali vorremmo ricordare che negli ultimi anni, in Italia, abbiamo
assistito a un aumento preoccupante di violenze verso cittadini/e
stranieri/e come frutto di discorsi e politiche di incitamento all’odio
razziale. Ci sembra che incrementare politiche basate su prove di forza e
maltrattamenti, oltre a comportare violazioni dei diritti umani, stia
comprensibilmente influenzando la reputazione dell’Italia in Tunisia e
temiamo, anche quella di noi italiani/e che in questa terra siamo stati
accolti da secoli, anche in qualità di migranti poveri e analfabeti, e
dove cerchiamo di vivere in pace da eguali, contrariamente ai giochi di
potere della politica.
I
cittadini e le cittadine tunisini/e hanno lottato duramente per
ottenere la democrazia e la libertà di espressione e molti di noi hanno
vissuto insieme a loro la speranza, le paure, le lotte e delusioni di
questi anni di transizione.
Se
è vero che il mondo dopo il Covid-19 non dovrà più essere quello di
prima e che la crisi sanitaria ci ha insegnato che bisogna proteggersi a
vicenda e godere degli stessi diritti, invitiamo il governo a ripensare in maniera inclusiva la questione migratoria. Poiché
riteniamo che ognuno, indipendentemente dal suo luogo di nascita, debba
godere degli stessi diritti e di identiche libertà, pensiamo sia
necessario un cambiamento nelle politiche del nostro paese nei confronti
della Tunisia, per cui l’Italia è il primo partner economico.
Per questo motivo siamo profondamente contrari ai ricatti economici recentemente prospettati dal Ministro Di Maio,
in un’ottica chiaramente colonialista. Chiediamo pertanto che si cessi
di considerare la Tunisia come la frontiera esternalizzata dell’Europa
per la repressione delle migrazioni, ma come partner economico e
politico eguale i cui cittadini/e godano degli stessi nostri diritti e delle nostre stesse libertà di circolazione.
Al 25 agosto la lettera ha ricevuto 136 firme. Qui è possibile leggere e firmare la lettera pubblicata su Avvaz.org.
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